Nuovo regime impatriati: chiarimenti su periodo estero e irrilevanza del patto di sospensione del lavoro

L’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti relativamente al nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati e al periodo minimo di residenza all’estero in caso di patto di sospensione del rapporto di  lavoro (Agenzia delle entrate, risposta 27 maggio 2025, n. 142).

L’Istante è un cittadino italiano assunto da Società con contratto a tempo indeterminato, distaccato all’estero in vari periodi presso un’altra Società estera.
Dal 1° gennaio 2023, il suo contratto di lavoro è stato ceduto ad una terza Società, che è subentrata nel rapporto.
Al fine di collaborare professionalmente ancora con la Società estera, l’Istante ha sottoscritto con la propria Società un patto di sospensione del rapporto di lavoro con decorrenza dal 15 gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, successivamente prorogato fino al 31 dicembre 2025. Durante la sospensione, non sono previste corresponsioni, decorrenza di anzianità, né obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e previdenziali per la Società 

Il 16 gennaio 2023, l’Istante ha accettato una proposta di contratto di lavoro dalla società Società per svolgere attività all’estero.
L’Istante risulta iscritto all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dal 19 maggio 2023 ed ha conseguito un titolo di laurea, ritenuto idoneo a integrare i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
Avendo intenzione di rientrare a lavorare in Italia per la propria Società e di trasferire la residenza fiscale a partire dal 1° gennaio 2026, impegnandosi a rimanere residente fiscalmente in Italia per i prossimi anni, prestando attività lavorativa in misura prevalente nello Stato, il contribuente chiede se possa applicare il nuovo regime speciale per i lavoratori impatriati e, in particolare, se il patto di sospensione del rapporto di lavoro sia un ostacolo all’accesso al regime agevolato.

Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ricorda che il regime si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dal periodo d’imposta 2024.
I redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, fino a un limite annuo di 600.000 euro, a condizione che:

  • i lavoratori si impegnino a risiedere fiscalmente in Italia per un determinato periodo;
  • i lavoratori non siano stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento;
  • il lavoratore presta l’attività in Italia per lo stesso soggetto (o uno dello stesso gruppo) presso il quale era impiegato all’estero prima del trasferimento, il requisito minimo di permanenza all’estero aumenta a sei periodi d’imposta (se non impiegato in Italia prima dallo stesso soggetto/gruppo) o sette periodi d’imposta (se impiegato in Italia prima dallo stesso soggetto/gruppo);
  • l’attività lavorativa sia prestata per la maggior parte del periodo d’imposta in Italia;
  • i lavoratori siano in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

L’agenzia chiarisce che appartengono allo stesso gruppo i soggetti tra i quali sussiste un rapporto di controllo diretto o indiretto o che sono sottoposti a controllo comune, secondo l’articolo 2359, comma 1, numero 1) del codice civile. Per determinare il periodo minimo di residenza all’estero (tre, sei o sette anni), occorre valutare se al rientro in Italia il contribuente continuerà a lavorare per lo stesso datore di lavoro (o società del medesimo gruppo) per il quale ha lavorato all’estero nel periodo d’imposta precedente o fino alla data del trasferimento in Italia.

L’Agenzia sottolinea che la verifica della sussistenza di un rapporto di controllo (appartenenza al gruppo) e la sussistenza dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione sono valutazioni di fatto che non possono essere oggetto di istanza di interpello. Questo in linea con la circolare n. 9/E/2016. Anche la verifica della residenza fiscale effettiva riguarda elementi di fatto e non può essere oggetto di interpello.

 

Nel caso specifico dell’Istante, l’Agenzia prende atto della sua affermazione che rientrerà in Italia per un datore di lavoro diverso da quello estero precedente e da quello italiano iniziale. Prende anche atto che il gruppo della terza Società ha una partecipazione di minoranza nella seconda ma non esercita il controllo.

 

Pertanto, l’Agenzia conclude che, in linea con i chiarimenti, l’Istante potrà applicare il regime impatriati se è stato residente all’estero per almeno tre periodi d’imposta se non c’è coincidenza tra il datore di lavoro (medesima società o altra società riconducibile al medesimo gruppo come definito ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1) e 2), del codice civile) per il quale il lavoratore è stato impiegato all’estero nel periodo d’imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia; qualora, invece, vi sia coincidenza, il periodo minimo di pregressa permanenza all’estero da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che continui a lavorare per lo stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all’estero e se questo coincide con il datore di lavoro presso il quale ha lavorato durante il periodo d’imposta precedente il trasferimento all’estero o, comunque, fino alla data in cui avviene tale trasferimento.

 

La circostanza che l’Istante abbia sottoscritto un patto di sospensione del rapporto di lavoro con il datore di lavoro italiano al fine di sviluppare una collaborazione professionale con la società estera non assume rilievo ai fini dell’applicazione del regime, in assenza di ulteriori condizioni poste dalla norma.

Testo Unico delle imposte indirette: il CdM approva, in esame preliminare, il decreto legislativo

È stata resa nota l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un decreto legislativo, in esame preliminare, che introduce il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di imposta di registro e di altri tributi indiretti (Presidenza del Consiglio dei ministri, comunicato 26 maggio 2025, n. 129).

Questo provvedimento si inserisce in un contesto di razionalizzazione e semplificazione del sistema fiscale, in attuazione della Legge delega 9 agosto 2023, n. 111, che ha come obiettivo principale quello di rendere più efficiente la normativa tributaria, riducendo la frammentazione e l’eterogeneità delle disposizioni attualmente vigenti.

 

Il Testo unico ha l’obiettivo di raccogliere in modo sistematico le norme vigenti riguardanti l’imposta di registro e altre tipologie di tributi indiretti, abrogando i numerosi provvedimenti attualmente in vigore che disciplinano tali materie.

 

Le disposizioni incluse nel nuovo Testo unico coprono vari ambiti, tra cui:

  • imposta di registro;

  • imposta ipotecaria e catastale;
  • imposta sulle successioni e donazioni;
  • imposta di bollo;
  • imposta di bollo per attività finanziarie oggetto di emersione;
  • imposta sul valore delle attività finanziarie estere;
  • imposte sostitutive e agevolazioni attinenti all’imposta di registro e agli altri tributi indiretti diversi dall’IVA.

L’introduzione del Testo unico, dunque, faciliterà l’interpretazione e l’applicazione delle norme, riducendo il rischio di ambiguità. 

Concordato Preventivo Biennale: metodologia di proposta, effetti, affidabilità

Il Decreto 28 aprile 2025 del Ministero dell’economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.117/2025, stabilisce la metodologia per la determinazione del concordato preventivo biennale, la disciplina degli effetti dello stesso e definisce le disposizioni attuative e i parametri economici da considerare per l’adesione al concordato.

In applicazione dell’articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, il MEF approva la metodologia in base alla quale l’Agenzia delle entrate formula ai contribuenti di minori dimensioni, che svolgono attività nel territorio dello Stato e che sono titolari di reddito di impresa ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, una proposta di concordato. La predetta metodologia, predisposta con riferimento a specifiche attività economiche, tiene conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli ISA e delle risultanze della loro applicazione, nonché degli specifici limiti imposti dalla normativa in materia di tutela dei dati personali, ed è individuata nelle note tecniche e metodologiche di cui all’allegato 1 del Decreto per l’elaborazione della proposta di concordato per i contribuenti che, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, hanno applicato gli ISA.

 

Sulla base della metodologia approvata, ai fini della proposta di concordato, sono individuati:

  • il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, rilevante ai fini delle imposte sui redditi;
  • il reddito d’impresa, rilevante ai fini delle imposte sui redditi;
  • il valore della produzione netta, rilevante ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

I redditi e il valore della produzione netta determinati con la metodologia approvata rilevano ai fini della proposta di concordato per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e al 31 dicembre 2026

 

L’articolo 4 del Decreto MEF disciplina la cessazione degli effetti del concordato. In particolare, in base a quanto previsto all’articolo 19, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 13/2024, fermo restando quanto previsto agli articoli 21 e 22, il concordato cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui si realizzano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, eccedenti la misura percentuale prevista dal richiamato articolo 19, comma 2, rispetto a quelli oggetto del concordato stesso, in presenza delle circostanze eccezionali individuate all’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 giugno 2024.

 

L’articolo 5, inoltre, disciplina l’adeguamento della proposta di concordato relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025. L’Agenzia delle entrate deve tenere conto di possibili eventi straordinari comunicati dal contribuente per determinare in modo puntuale la proposta di concordato. 

A tal fine, i redditi e il valore della produzione netta, individuati con la metodologia approvata, relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, sono ridotti:

in misura pari al 10%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo compreso tra trenta e sessanta giorni;

in misura pari al 20%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo superiore a sessanta giorni e fino a centoventi giorni;

in misura pari al 30%, in presenza di eventi straordinari che hanno comportato la sospensione dell’attività economica per un periodo superiore a centoventi giorni.

 

Infine, l’articolo 7 tratta le misure per il graduale raggiungimento di un corrispondente livello di affidabilità.

Secondo il primo comma, la proposta per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025 relativa ai redditi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), deve tenere conto di quelli dichiarati per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, nella misura del 50%, del maggiore reddito individuato con la predetta metodologia.

In base al secondo comma, la proposta per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025 relativa al valore della produzione netta deve tenere conto di quanto dichiarato per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 e dell’importo individuato con la stessa metodologia.

Cessione di fotografie artistiche: IVA agevolata solo per autori, eredi e legatari

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiare l’aliquota IVA applicabile alla cessione di fotografie considerate “oggetti d’arte” da parte di soggetti diversi dagli autori, eredi o legatari (Agenzia delle entrate, risposta 22 maggio 2025, n. 140).

Il quesito è posto da una Società operante nel settore della realizzazione e vendita di opere d’arte, inclusi dipinti, disegni, illustrazioni e fotografie d’arte in negozi e gallerie in Italia.

 

Il parere dell’Agenzia delle entrate si basa sul presupposto che le fotografie in questione abbiano effettivamente le caratteristiche per essere considerate opere e oggetti d’arte.

 

Al riguardo L’Agenzia cita il n. 127-septiesdecies della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA, che prevede l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10% alle cessioni di “oggetti d’arte”. La norma specifica che tale aliquota ridotta si applica, tra gli altri, agli oggetti d’arte ceduti “dagli autori, dai loro eredi o legatari”.

 

La definizione di “oggetti d’arte” richiamata dal D.L. n. 41/1995, lettera a), include le “fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto”.
Questa definizione è coerente con quanto previsto dalla Direttiva IVA (Direttiva 2006/112/CE), Allegato IX, parte A, punto 7).

La Corte di Giustizia (sentenza C-145/18, citata anche dall’Istante) ha confermato che per essere considerate oggetti d’arte ammissibili all’aliquota ridotta, le fotografie devono rispettare i criteri oggettivi di essere eseguite dall’autore, tirate da lui o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, ad esclusione di qualsiasi altro criterio come la valutazione del loro carattere artistico da parte dell’amministrazione.

 

Tuttavia, l’Agenzia sottolinea che la normativa vigente (n. 127-septiesdecies) limita l’applicazione dell’aliquota ridotta alle cessioni effettuate esclusivamente dagli autori, dai loro eredi o legatari, osservando che la possibilità per gli Stati Membri di applicare un’aliquota ridotta alle cessioni di oggetti d’arte in altri casi (come quelle effettuate da soggetti diversi dall’autore, ma che li abbiano importati o ricevuti dall’autore) era prevista dall’articolo 103 della Direttiva IVA, ma tale articolo è stato abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2025 dalla nuova Direttiva UE 2022/542.

 

Allo stato attuale, dunque, per l’articolo 98 della Direttiva IVA gli Stati Membri possono applicare un’aliquota IVA ridotta non inferiore al 5% «…unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi elencate nell’allegato III», che al numero 26) contempla le «cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato elencati nell’allegato IX, parti A, B e C». Il citato allegato IX, nella parte A, riporta al numero 7) le «fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto». Nello stesso tempo l’articolo 311, paragrafo 2, della Direttiva IVA consente agli Stati Membri di «non considerare «oggetti d’arte» gli oggetti indicati nell’allegato IX, parte A, punti 5), 6) e 7)».

 

L’Agenzia menziona anche la Legge n. 111/2023 che, all’articolo 7, nel fissare i “Principi e criteri direttivi per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto” delega, tra l’altro, il Governo entro 24 mesi a «e) ridurre l’aliquota dell’IVA all’importazione di opere d’arte, recependo la direttiva (UE) 2022/542 del Consiglio, del 5 aprile 2022, ed estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione». Tuttavia, tale disposizione a oggi non risulta attuata.

 

Pertanto, in attesa dell’attuazione della legge delega, l’Agenzia conclude che l’aliquota IVA ridotta del 10% non può essere riconosciuta alla Società istante, poiché la normativa attuale (n. 127-septiesdecies), in conformità con gli articoli 98 e 311 della Direttiva IVA, limita l’applicazione dell’aliquota ridotta alle cessioni effettuate “dagli autori, dai loro eredi o legatari”. Visto che, nel caso di specie, la cessione è effettuata dalla Società (il datore di lavoro dell’artista), non si rientra nel perimetro di questa condizione, e pertanto si applica l’aliquota IVA ordinaria.

Trattamento IVA della codatorialità in un contratto di rete tra imprese

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiarire il trattamento IVA della codatorialità in un contratto di rete (Agenzia delle entrate, risposta 19 maggio 2025, n. 136).

La società istante rappresenta di essere un contratto di rete, dotato di soggettività giuridica. La ”rete” è una tipologia di associazionismo imprenditoriale, su base contrattuale, che permette alle singole imprese aderenti (cosiddette retiste) di collaborare tra loro.
Tra gli obiettivi principali della rete figura l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane al fine di raggiungere livelli superiori di efficienza produttiva, organizzativa e qualitativa.
In questo contesto, e a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue sul trattamento IVA del distacco di personale e della successiva introduzione dell’articolo 16-ter del D.L. n. 131/ 2024, la Società chiede quale sia il trattamento IVA della codatorialità, prevista dall’articolo 30, comma 4-­ter del D.Lgs. n. 276/2003, quale istituto alternativo al distacco di personale.

L’Agenzia premette che nel nostro ordinamento non esiste una definizione di codatorialità. Questa lacuna è stata colmata dalla Corte di Cassazione, che ha definito la codatorialità come una situazione di fatto che si crea all’interno dei gruppi societari, dove un dipendente lavora per più imprese (datori di lavoro). Gli elementi caratterizzanti individuati dalla Cassazione includono l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva del datore formale e la condivisione della prestazione per soddisfare un interesse di gruppo da parte delle diverse società, che esercitano i poteri datoriali diventando datori sostanziali. In sintesi, per la Suprema Corte, a fronte dell’unicità del rapporto, il lavoratore presta servizio indifferentemente e contemporaneamente per due o più datori, e la sua opera non può essere distinta tra l’interesse di uno o dell’altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori sono solidalmente responsabili delle obbligazioni derivanti dal rapporto. Questa è definita codatorialità atipica, di elaborazione giurisprudenziale, riscontrabile nei gruppi di imprese.
A questa si contrappone la codatorialità tipica, prevista dal legislatore specificamente per le reti di imprese dall’articolo 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, una norma speciale che ammette la codatorialità nelle reti d’impresa a condizioni che non includono gli elementi costitutivi individuati dalla Cassazione per i gruppi societari.
L’Agenzia evidenzia la differenza tra gruppi societari e reti d’impresa: nei gruppi, l’interdipendenza si realizza tramite attività di direzione e coordinamento (ex articolo 2497 c.c.), mentre nelle reti d’impresa si realizza tramite l’attuazione del programma comune di rete, che presuppone un obiettivo condiviso tra le associate. Il contratto di rete ha lo scopo di accrescere la capacità innovativa e la competitività individuale e collettiva degli imprenditori, attraverso la collaborazione, lo scambio di informazioni/prestazioni o l’esercizio comune di attività. Può prevedere un fondo patrimoniale comune e un organo comune per la gestione.
La condizione per l’utilizzo della codatorialità nelle reti d’impresa, secondo il comma 4-ter, è la previsione nel contratto di rete delle regole di ingaggio dei dipendenti, elemento non presente nei requisiti della codatorialità atipica giurisprudenziale.

 

L’Agenzia chiarisce che il comma 4-ter consente alle reti di utilizzare sia il distacco di personale che la codatorialità. Sebbene entrambi siano strumenti per realizzare il programma di rete, sono istituti differenti con effetti diversi.
Nel distacco, il datore di lavoro mette temporaneamente lavoratori a disposizione di un altro soggetto per soddisfare un proprio interesse, rimanendo responsabile del trattamento economico e normativo. Il rapporto è bilaterale tra impresa distaccante (che resta datore) e impresa distaccataria.
La codatorialità implica il potenziale coinvolgimento di tutte le imprese della rete come datori di lavoro per soddisfare un interesse della rete (il programma comune). È un assetto stabile, e non è caratterizzato dalla bilateralità del rapporto datore-dipendente, potendo il dipendente avere più datori.

 

Anche se spesso sono individuate una o due imprese referenti per gli obblighi comunicativi, previdenziali e assicurativi, nella codatorialità:

  • tutte le imprese retiste possono essere datori di lavoro dei dipendenti che hanno accettato le regole di ingaggio e hanno l’obbligo di lavorare per tutti i co-datori;
  • tutti i co-datori sono responsabili in solido per gli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, con facoltà di regresso nei confronti degli altri per la quota di costo anticipata.

Intesa in questi termini, la codatorialità non presenta gli elementi che hanno portato la Corte di Giustizia UE a considerare il distacco di personale rilevante ai fini IVA nella sentenza C-94/2019. In particolare, non è rinvenibile il requisito della sinallagmaticità.
Secondo i giudici europei, il distacco rileva ai fini IVA se c’è un nesso diretto tra le prestazioni, per cui “le due prestazioni si condizionano reciprocamente”. Il pagamento da parte dell’impresa distaccataria costituisce la controprestazione per il distacco. L’importo del corrispettivo è irrilevante.
Nella codatorialità non esiste un simile nesso sinallagmatico. Le imprese che accettano le regole di ingaggio nel contratto di rete assumono ciascuna il ruolo di datore di lavoro, direttamente responsabile per la quota di competenza del pagamento dello stipendio. Pertanto, si parla di rimborso solo in termini di restituzione di quanto solidalmente anticipato al dipendente dall’impresa referente. Tale rimborso serve essenzialmente a imputare a ciascuna impresa retista il costo del personale in proporzione all’effettivo contributo ricevuto dal lavoratore.

In linea con quanto chiarito nella circolare n. 5/E/2025, si tratta quindi di una mera movimentazione di denaro, non soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972.

Programma “FinTech Factory MEF”

Il MEF presenta l’iniziativa “Fintech Factory MEF”, un programma volto a sostenere le imprese innovative che sviluppano tecnologie emergenti e soluzioni innovative, con particolare attenzione alle applicazioni nel contesto del Ministero dell’economia e delle finanze e nelle amministrazioni economico-finanziarie (Ministero dell’economia e delle finanze, comunicato 15 maggio 2025).

Il programma, finanziato dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, prevede un investimento di 2.085.000 euro destinato ai primi due avvisi pubblici, rivolti a startup, spin-off, PMI e iniziative di imprenditoria femminile.

 

Le imprese selezionate che si candideranno entro il 20 giugno 2025 avranno l’opportunità di partecipare proponendo soluzioni che utilizzino tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, sull’analisi dei dati e presentino elementi di innovazione in ambito economico-finanziario e di cybersicurezza. Tali soluzioni potranno consentire, tra le altre cose, di valutare strategie, svolgere analisi previsionali su dati e informazioni su larga scala; estrarre, elaborare, standardizzare dati non strutturati; ottimizzare i flussi di lavoro documentali attraverso l’analisi e la gestione del ciclo di vita di documenti; favorire l’educazione finanziaria; prevenire rischi e minacce digitali, frodi, furti di identità, rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

 

Il programma “Fintech Factory MEF” si propone di raggiungere due obiettivi strategici principali:

  • affiancare l’imprenditorialità innovativa, nella dimostrazione del potenziale di soluzioni e tecnologie nel settore pubblico, attraverso percorsi che consentano di verificarne performance, eventuali vantaggi ed economie nei contesti di impiego;
  • contaminare l’Amministrazione pubblica con l’ecosistema dell’innovazione, favorendo lo sviluppo di competenze trasversali, il co-sviluppo di nuove soluzioni fino alla potenziale adozione nei sistemi delle Amministrazioni.

Cosa offe:

– percorsi di validazione delle tecnologie e soluzioni proposte dalle aziende innovative, attraverso il reale confronto con le esigenze di business del Dipartimento del Tesoro, all’interno di laboratori virtuali di innovazione;

contributi a fondo perduto per le attività di validazione di tecnologie e soluzioni e per lo sviluppo dei progetti imprenditoriali;

– cicli di sessioni seminariali attraverso cui approfondire le tematiche relative alla messa a punto e allo sviluppo del progetto imprenditoriale (riservati alle startup a conduzione femminile).

Regolarizzazione crediti ricerca sviluppo indebiti: riapertura termini e modalità riversamento

L’Agenzia delle entrate ha stabilito le modalità per la regolarizzazione spontanea di crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo utilizzati impropriamente, Descrivendo i soggetti ammessi alla procedura, i casi di esclusione e le condotte fraudolente che impediscono l’accesso. Viene inoltre approvato un nuovo modello per la richiesta di accesso alla procedura, specificando le modalità di presentazione e il termine ultimo per inviarlo (Agenzia delle entrate, provvedimento 19 maggio 2025, n. 224105).

La procedura di riversamento spontaneo dei crediti di imposta per attività di ricerca e sviluppo si basa sull’articolo 5, commi da 7 a 12, del D.L. n. 146/2021, con le modifiche apportate dalla L. n. 215/2021, e ulteriormente modificate dal D.L. n. 25/2025.

Tale procedura consente di regolarizzare gli indebiti utilizzi in compensazione del suddetto credito di imposta, senza l’irrogazione delle sanzioni e interessi, ed è riservata ai soggetti che hanno maturato il credito in uno o più periodi di imposta a decorrere da quello successivo al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019.

Il credito deve essere stato utilizzato indebitamente in compensazione alla data del 22 ottobre 2021, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 146/2021.

 

I soggetti che possono accedere alla procedura devono trovarsi in almeno una delle seguenti condizioni:

– hanno svolto attività che, in tutto o in parte, non sono qualificabili come attività di ricerca o sviluppo ammissibili;

– hanno applicato il comma 1-bis dell’articolo 3 del D.L. n. 145/2013 in maniera non conforme all’interpretazione autentica fornita dall’articolo 1, comma 72, della L. n. 145/2018;

– hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, violando i principi di pertinenza e congruità;

– hanno commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento.

La procedura non può essere utilizzata se l’indebito utilizzo è già stato accertato con un atto di recupero crediti o altri provvedimenti impositivi divenuti definitivi alla data del 22 ottobre 2021. La regolarizzazione è esclusa in ogni caso se il credito d’imposta utilizzato è il risultato di:

  • condotte fraudolente;
  • fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate;
  • false rappresentazioni della realtà basate su documenti falsi o fatture per operazioni inesistenti;
  • mancanza di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili.

Al riguardo, l’Agenzia ha approvato un modello specifico per la richiesta di accesso alla procedura, che si chiama “Richiesta di accesso alla procedura di riversamento del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo”.

La trasmissione telematica può essere effettuata direttamente dai contribuenti abilitati a Entratel o Fisconline o tramite i soggetti incaricati (intermediari).

 

Le istanze presentate fino al 31 ottobre 2024 sono valide in base alle disposizioni allora vigenti.

 

Il modello deve essere presentato all’Agenzia delle entrate entro il 3 giugno 2025.
L’Agenzia attesta l’avvenuta trasmissione telematica con una ricevuta elettronica. Se inviata via PEC, la ricevuta di consegna PEC attesta la trasmissione.

L’importo da riversare deve essere pagato entro il 3 giugno 2025, in unica soluzione o in tre rate di pari importo. Le scadenze delle rate sono: 3 giugno 2025, 16 dicembre 2025, e 16 dicembre 2026.
Non è possibile utilizzare la compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997 per effettuare i versamenti.
La procedura non prevede la restituzione di eventuali somme eccedenti già versate.
Se l’atto/provvedimento impositivo relativo alla richiesta è divenuto definitivo tra il 22 ottobre 2021 e la data di presentazione dell’istanza, il riversamento deve essere effettuato per l’intero importo entro il 3 giugno 2025 in unica soluzione.

Il versamento si effettua tramite modello F24, usando codici tributo approvati con risoluzione n. 34/2022.

 

I soggetti che avevano aderito alla procedura precedente (terminata il 31 ottobre 2024) e optato per la rateale, avendo versato la prima rata entro il 16 dicembre 2024, devono effettuare i successivi versamenti entro il 16 dicembre 2025 e 16 dicembre 2026, con interessi dal 4 giugno 2025.
I soggetti che avevano aderito alla procedura precedente ma non hanno effettuato il versamento unico o la prima rata entro il 16 dicembre 2024, potranno effettuare il riversamento secondo l’opzione scelta e le scadenze previste dal provvedimento.

 

In caso di perfezionamento, è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000).

Novità IRPEF 2025, lavoro dipendente, detrazioni, welfare: le istruzioni dell’Agenzia delle entrate

La circolare del 16 maggio 205, n. 4/E, dell’Agenzia delle entrate illustra le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 192/2024 e dalla Legge  di bilancio 2025 in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e tassazione dei redditi di lavoro dipendente

Misure concernenti l’IRPEF

La Legge di bilancio 2025 stabilizza, a regime, la riduzione da quattro a tre degli scaglioni IRPEF e le relative aliquote, già introdotta temporaneamente per il 2024.
Le aliquote per scaglioni di reddito sono le seguenti:

– 23% fino a 28.000 euro;

– 35% oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro;

– 43% oltre 50.000 euro.

 

Viene stabilizzato l’innalzamento della detrazione da lavoro dipendente e assimilato.

La detrazione per i titolari di redditi di lavoro dipendente con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro è aumentata da 1.880 euro a 1.955 euro.

Tale modifica comporta l’ampliamento della “no tax area” fino a 8.500 euro per i titolari di redditi di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati. I redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente includono, tra gli altri, i compensi dei soci di cooperative, indennità e compensi da terzi per incarichi legati al lavoro dipendente, borse di studio (se non legate a rapporti di lavoro dipendente), compensi per uffici/collaborazioni senza vincolo di subordinazione ma continuativi, e compensi per lavori socialmente utili.

Ai fini della determinazione dell’ammontare delle detrazioni, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’abitazione principale e pertinenze. Nel calcolo del “reddito di riferimento” per le agevolazioni fiscali, si tiene conto anche dei redditi soggetti a cedolare secca, regime forfetario, quota ACE, e mance tassate con imposta sostitutiva. Per i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale, il reddito effettivo è considerato per la spettanza di deduzioni, detrazioni o benefici.
Viene stabilizzato il meccanismo correttivo per il riconoscimento del trattamento integrativo per i contribuenti con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro. Il citato trattamento può esse riconosciuto se l’imposta lorda (determinata su redditi di lavoro dipendente e assimilati specificati) è superiore alla detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del TUIR, diminuita dell’importo di 75 euro rapportato al periodo di lavoro nell’anno. Questa riduzione mira a neutralizzare l’incremento della detrazione per non escludere alcuni soggetti dal beneficio.

Disposizioni in favore dei titolari di reddito di lavoro dipendente

La Legge di bilancio 2025 introduce, nell’ambito delle misure di sostegno al reddito, una serie di disposizioni di favore per i lavoratori dipendenti (esclusi i pensionati) ai commi 4 e seguenti. In particolare, ai titolari di redditi di lavoro dipendente il cui reddito complessivo non superi i 20.000 euro è riconosciuta una somma che non concorre alla formazione del reddito complessivo. L’ammontare di tale somma è determinato applicando al reddito di lavoro dipendente una percentuale che varia in base all’importo del reddito di lavoro dipendente. Nello specifico, ove il reddito di lavoro dipendente:
− non sia superiore a 8.500 euro, la percentuale da applicare è il 7,1%;
− sia superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro, la percentuale da applicare è il 5,3%;
− sia superiore a 15.000 euro, la percentuale da applicare è il 4,8%. 

 

Ai titolari di redditi di lavoro dipendente (escluse le pensioni) il cui reddito complessivo sia superiore a 20.000 euro ma non oltre i 40.000 euro è riconosciuta una ulteriore detrazione pari a 1.000 euro per i redditi superiori a 20.000 euro e fino a 32.000 euro e che decresce progressivamente per i redditi superiori a 32.000 euro, fino ad azzerarsi raggiunta la soglia dei 40.000 euro.

I sostituti d’imposta riconoscono automaticamente la somma e l’ulteriore detrazione, senza richiesta del lavoratore. L’attribuzione avviene sulle retribuzioni erogate, anche comprensive di quote arretrate. Il sostituto verifica la spettanza in base al reddito previsionale annuale e ai dati comunicati dal lavoratore.

In sede di conguaglio, i sostituti verificano la spettanza e recuperano gli importi non dovuti. Se l’importo da recuperare è superiore a 60 euro, il recupero avviene in 10 rate di pari ammontare a partire dalla prima retribuzione utile post-conguaglio.

In caso di cessazione del rapporto, il recupero è in un’unica soluzione. Se il sostituto non può recuperare (per incapienza o cessazione), il lavoratore deve restituire l’importo nella dichiarazione dei redditi. Il credito maturato dal sostituto per l’erogazione della somma non imponibile viene compensato tramite F24.

 

Modifiche alle detrazioni per familiari a carico

Il comma 11 della Legge di bilancio 2025 apporta alcune modifiche all’articolo 12 del TUIR, in materia di detrazione per carichi di famiglia.

La detrazione per i figli a carico di età pari o superiore a 21 anni è ora limitata a quelli di età inferiore ai 30 anni, a meno che non siano disabili. Viene esteso il riconoscimento della detrazione anche ai figli affiliati e ai figli conviventi del coniuge deceduto. Per il genitore superstite che non convive con il figlio del coniuge deceduto, la detrazione maggiore prevista per il primo figlio in assenza dell’altro genitore non si applica.
La detrazione per gli altri familiari a carico è ora limitata ai soli ascendenti conviventi con il contribuente.
Le modifiche all’articolo 12 del TUIR relative ai familiari a carico hanno effetto anche sulle altre disposizioni che rinviano a tali soggetti, limitando la possibilità di fruire di detrazioni e deduzioni per oneri/spese sostenuti nell’interesse di familiari diversi dal coniuge non separato e dagli ascendenti conviventi fiscalmente a carico
Le misure di welfare aziendale di cui all’articolo 51 del TUIR, che prevedono esclusione dal reddito di lavoro dipendente, si intendono riferite ai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR nella nuova formulazione. Sono pertanto escluse solo le misure in favore di coniuge non separato, ciascun figlio (indipendentemente dall’età ai fini welfare/deduzioni oneri per effetto dell’articolo 12 comma 4-ter, purché fiscalmente a carico dove richiesto) e ascendenti.
Le detrazioni per familiari a carico non spettano ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo, in relazione ai loro familiari residenti all’estero. 

 

Adeguamento della disciplina delle addizionali regionale e comunale
È stato adeguato il termine per le Regioni e Province autonome per modificare scaglioni e aliquote dell’addizionale regionale per il 2025 al 15 aprile 2025 per garantirne la coerenza con la nuova articolazione degli scaglioni e delle aliquote dell’IRPEF prevista dalla Legge di bilancio 2025. 

Non imponibilità contributi rischio non autosufficienza
L’articolo 3, comma 1, lettera b), numero 1.2), del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192 ha apportato modifiche all’articolo 51, comma 2, lettera f-quater), del TUIR, secondo cui non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di Dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Nello specifico, la disposizione ha previsto una modifica dell’attuale regime di non concorrenza, sotto il profilo soggettivo, estendendolo ai
familiari indicati all’articolo 12 del TUIR, che si trovino nelle condizioni previste al comma 2 del medesimo articolo 12, vale a dire i familiari fiscalmente a carico.

 

Criteri di determinazione valore beni/servizi del datore di lavoro
È stato modificato il criterio per determinare il valore dei beni e servizi prodotti o scambiati dal datore di lavoro e ceduti ai dipendenti. Il valore è ora determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione al lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro86. Resta fermo il limite generale di non imponibilità di 258,23 euro per il valore complessivo di beni e servizi.

Compensi straordinari comparto sanitario
Il comma 354 della Legge di bilancio 2025 prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali comunali e regionali con aliquota agevolata pari al 5% sui compensi per il lavoro straordinario, di cui all’articolo 47 del CCNL Comparto Sanità relativo al triennio 2019-2021, prestato dagli infermieri dipendenti delle aziende e degli enti del SSN.

 

Premi di produttività
L’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF su premi di risultato e partecipazione agli utili (disciplinata dall’articolo 1, cc. 182-188, L. n. 208/2015) è ridotta dal 10% al 5% anche per gli anni d’imposta 2025, 2026 e 2027. Tale riduzione si applica fino a un importo di 3.000 euro lordi per dipendenti del settore privato.

 

Misure fiscali per il welfare aziendale
Viene introdotto un regime temporaneo (per i primi due anni dalla data di assunzione) di non concorrenza al reddito, fino a un limite complessivo di 5.000 euro annui, per le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati locati da dipendenti assunti a tempo indeterminato nel 2025. Questo beneficio spetta ai dipendenti con reddito di lavoro dipendente nel 2024 non superiore a 35.000 euro, che abbiano trasferito la residenza nel comune di lavoro, se questo dista più di cento chilometri dal comune di precedente residenza. Il beneficio è cumulabile con altre agevolazioni fiscali sul canone di locazione solo per la parte eccedente il rimborso del datore di lavoro. L’importo rimborsato concorre alla determinazione del reddito per la parte eccedente i 5.000 euro annui. Il lavoratore deve autocertificare la residenza e il trasferimento deve avvenire entro il termine del conguaglio o cessazione rapporto. Inoltre, il lavoratore deve dichiarare che le spese non sono state rimborsate da altri datori di lavoro.

 

Per i periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027, i limiti di non concorrenza al reddito dei fringe benefits (valore dei beni ceduti e servizi prestati) sono innalzati: a 1.000 euro in generale e a 2.000 euro per i dipendenti con figli a carico. La condizione per il limite di 2.000 euro si verifica se i figli sono fiscalmente a carico secondo l’articolo 12 comma 2 TUIR, anche se non rientrano nei nuovi limiti di età per la detrazione. L’agevolazione di 2.000 euro spetta per intero a ciascun genitore se il figlio è fiscalmente a carico di entrambi115. Se il limite di 1.000 o 2.000 euro è superato, l’intero ammontare concorre a formare il reddito. Il datore di lavoro applica l’aumento a 2.000 euro previa dichiarazione del lavoratore che attesti di averne diritto e indichi il codice fiscale dei figli.

Detassazione lavoro notturno/straordinario settore turistico-alberghiero
Per il personale dipendente del settore privato impiegato in strutture turistico-alberghiere, ricettive e termali e della somministrazione di alimenti e bevande, con reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nel 2024, è riconosciuto un trattamento integrativo speciale non imponibile pari al 15% delle retribuzioni lorde per il lavoro notturno e straordinario svolto nei giorni festivi. Il beneficio si applica alle prestazioni rese nel periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025. Il sostituto d’imposta riconosce il trattamento su richiesta del lavoratore, che attesta il reddito 2024 e può recuperare l’importo erogato tramite compensazione.

 

Detassazione delle mance settore ricettivo/somministrazione
Vengono apportate modifiche al regime di tassazione sostitutiva sulle mance. L’ammontare massimo delle mance assoggettabili a tassazione sostitutiva sale al 30% del reddito (dal 25%). Il limite di reddito complessivo di lavoro dipendente per accedere al regime nell’anno successivo sale a 75.000 euro (da 50.000 euro).

Dal 15 maggio invio precompilata 2025

L’Agenzia delle Entrate ha annunciato il lancio della dichiarazione precompilata 2025. È stato aperto il canale per l’invio dei modelli 730 o Redditi (Agenzia delle entrate, comunicato 15 maggio 2025).

I modelli erano già disponibili in sola lettura a partire dal 30 aprile scorso. Dal 15 maggio 2025, i contribuenti possono accedere all’applicativo, integrare, modificare o accettare i modelli così come predisposti dal Fisco e procedere all’invio.

Nelle prime due settimane di disponibilità (dal 30 aprile al 14 maggio), sono stati registrati oltre 4,2 milioni di accessi all’applicativo. Questo dato rappresenta un aumento del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Moltissimi cittadini hanno utilizzato questa prima fase per consultare le informazioni precaricate e prepararsi per l’apertura dell’invio.

 

Per la stagione dichiarativa in corso, sono state trasmesse in totale circa 1 miliardo e 300 milioni di informazioni. La piattaforma per l’invio è gestita dal partner tecnologico Sogei.

Le scadenze per l’invio sono fissate al 30 settembre per il modello 730 e al 31 ottobre 2025 per il modello Redditi Persone fisiche.

Da quest’anno, la platea dei potenziali utilizzatori del modello 730 è più ampia. Le persone fisiche non titolari di partita IVA possono ora utilizzare il modello 730 semplificato anche per:

  • redditi soggetti a tassazione separata;
  • redditi soggetti a imposta sostitutiva;
  • redditi derivati da plusvalenze di natura finanziaria.

Queste tipologie di reddito in precedenza richiedevano obbligatoriamente il modello Redditi.

 

Per chi può presentare il 730, è sempre attiva la modalità di compilazione semplificata, un’interfaccia semplice che guida l’utente alla visualizzazione e alle eventuali modifiche: non è più il cittadino a dover conoscere quadri, righi e codici, ma il sistema a inserire “al posto giusto” eventuali nuove informazioni. 

Per chi ha meno dimestichezza, oltre alla guida dedicata e al sito “Info e assistenza”, che raccoglie tutti i contenuti utili, è online sul canale YouTube “Entrate in video” e sugli altri social istituzionali un breve video che riepiloga i passi principali fino all’invio.

Anche quest’anno, è possibile delegare un familiare o un’altra persona di fiducia a operare online nel proprio interesse: per farlo, basta utilizzare l’apposita funzionalità disponibile nella propria area riservata. In alternativa, si può inviare una pec o ancora presentare la richiesta a un qualunque ufficio dell’Agenzia.

Tassazione plusvalenze cripto-attività: regime amministrato, costo, trasferimenti, revoca

Arrivano i chiarimenti dall’Agenzia delle entrate sulla tassazione delle plusvalenze derivanti dalle cripto-attività e su come applicare il regime del risparmio amministrato per i clienti di una società (Agenzia delle entrate, risposta 14 maggio 2025, n. 135).

L’istanza di interpello è presentata da una PMI innovativa, iscritta nel Registro Operatori Valute Virtuali presso l’Organismo Agenti e Mediatori (OAM) che offre una gamma di prodotti e servizi legati alle cripto-attività, tra cui exchange, staking e custodial wallet.
La Società, operando come operatore finanziario ai sensi del D.Lgs. n. 231/2007, intende offrire ai propri clienti la possibilità di optare per il regime amministrato per la tassazione delle plusvalenze e altri proventi derivanti dalle cripto-attività. A tal fine, l’Istante pone diversi quesiti all’Agenzia delle entrate riguardanti il calcolo della plusvalenza in specifiche situazioni.

 

Nel fornire il proprio parere, l’Agenzia si basa sull’articolo 1, commi da 126 a 147, della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio 2023) che ha introdotto modifiche alla disciplina di tassazione delle ”cripto attività”. In particolare, il comma 126 prevede una nuova categoria di redditi diversi con l’introduzione della lettera c-­sexies) del comma 1 dell’articolo 67, del TUIR modificata dall’articolo 1, comma 25, lettera  a), della Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Legge di bilancio  2025).

 

Per “cripto-attività” si intende una rappresentazione digitale di valore o diritti trasferibili e memorizzabili elettronicamente tramite tecnologia di registro distribuito o analoga. La permuta tra cripto-attività con eguali caratteristiche e funzioni non è un evento fiscalmente rilevante. Questi redditi diversi sono imponibili per le persone fisiche (non nell’esercizio di impresa/arte/professione), enti non commerciali (se non derivanti da attività commerciale), società semplici ed equiparate, e soggetti non residenti con reddito prodotto in Italia. L’imposta è applicata con l’aliquota del 26%, la stessa delle attività finanziarie.

 

La legge ha previsto la possibilità per gli operatori non finanziari di applicare l‘imposta sostitutiva se il contribuente opta per il regime del risparmio amministrato o gestito.

 

Nel regime del risparmio amministrato (art. 6 del D.Lgs. n. 461/1997):

  • l’operatore applica l’imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o provento percepito;
  • se l’operatore non dispone dei dati necessari per l’applicazione dell’imposta, deve richiederli al contribuente prima di effettuare le operazioni;
  • il contribuente deve fornire i dati e la documentazione (anche in copia);
  • per le cripto-attività, la dichiarazione sostitutiva del contribuente non è ammessa in mancanza di dati;
  • gli operatori devono sospendere l’esecuzione delle operazioni finché non ottengono i dati necessari;
  • in caso di comunicazione inesatta da parte del contribuente, il recupero dell’imposta non applicata è a carico esclusivo del contribuente, con applicazione di una sanzione;
  • per il calcolo delle plusvalenze su categorie omogenee di cripto-attività si assume come costo o valore di acquisto il costo o valore medio ponderato. Questo valore medio deve essere aggiornato in presenza di acquisti successivi;
  • minusvalenze, perdite o differenziali negativi possono essere dedotti da plusvalenze o proventi realizzati in operazioni successive nell’ambito dello stesso rapporto, nello stesso periodo d’imposta e nei successivi ma non oltre il quarto;
  • in caso di revoca dell’opzione o chiusura del rapporto, le minusvalenze residue possono essere portate in deduzione (sempre non oltre il quarto periodo d’imposta successivo) da plusvalenze realizzate in un altro rapporto amministrato intestato agli stessi soggetti, oppure indicate nella dichiarazione dei redditi del contribuente;
  • si considera cessione a titolo oneroso anche il trasferimento di cripto-attività a rapporti di custodia/amministrazione intestati a soggetti diversi da quelli del rapporto di provenienza, o a un rapporto di gestione. Sono escluse le successioni o donazioni;
  • in caso di prelievo di cripto-attività o loro trasferimento a rapporti di custodia/amministrazione intestati agli stessi soggetti del rapporto di provenienza, e comunque in caso di revoca dell’opzione, per il calcolo della plusvalenza/minusvalenza si assume il costo o valore determinato secondo il costo medio ponderato, sulla base di una certificazione rilasciata dall’operatore.

Pertanto, nel caso di specie, la Società è esonerata dalla determinazione della plusvalenza all’atto del trasferimento solo nel caso in cui il contribuente sia in grado di dimostrare attraverso apposita documentazione che il trasferimento delle criptovalute avviene verso un self custodial wallet di sua proprietà o verso un wallet di sua proprietà detenuto presso un altro exchange, non essendo sufficiente a tal fine una dichiarazione resa del contribuente. In caso di revoca dell’opzione del regime amministrato da parte del cliente con passaggio al regime dichiarativo, l’Istante dovrà adempiere agli obblighi di sostituto d’imposta fino al 31 dicembre dell’anno della revoca, comunicando al cliente i valori di carico delle cripto­attività detenute nel wallet e, in caso di minusvalenze residue da compensare, il periodo d’imposta in cui le stesse si sono realizzate. Tali minusvalenze potranno essere portate in diminuzione di redditi diversi realizzati in relazione a cripto­attività detenute in altri rapporti per i quali è stata esercitata l’opzione per l’amministrato, o che il contribuente indica nella propria dichiarazione dei redditi. Eventuali minusvalenze potranno essere compensate con successive plusvalenze realizzate nel medesimo periodo d’imposta o in quelli successivi, ma non oltre il quarto.

 

L’Agenzia ribadisce che i redditi diversi da cripto-attività non possono essere compensati con i redditi diversi di natura finanziaria.

Nel caso in cui i clienti depositino cripto­valuta, sui wallet detenuti presso l’Istante, proveniente da altri wallet (self custodial wallet o wallet presso altri exchange) 
intestatati ai clienti stessi, qualora gli intermediari o operatori, che hanno ricevuto l’opzione per il regime del risparmio amministrato, non siano in possesso dei dati e delle informazioni necessarie per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi realizzati sulle cripto­attività, il contribuente è tenuto a consegnare, anche in copia, la relativa documentazione.

È esclusa la possibilità di presentare una dichiarazione sostitutiva in mancanza di tali dati.
Pertanto, se il contribuente non è in grado di fornire documentazione che attesti il costo o valore d’acquisto, l’intermediario assumerà come costo un valore pari a zero.